domenica 12 aprile 2015

Omosessualità maschile e promiscuità: alla ricerca dell’identità perduta

Sull'ultimo numero della rivista "Dialoghi Adleriani" è disponibile, gratuitamente, il mio ultimo articolo, di cui propongo l'abstract, di seguito.
"In un’epoca come la nostra in cui la discriminazione del “diverso” rappresenta un tema attuale quanto pregnante, ci si interroga sul peso che lo stigma sociale può avere sulla formazione dell’identità omosessuale maschile. L’autore ipotizza una correlazione tra il pregiudizio sociale nei confronti delle persone omosessuali ed il fallimento nella costruzione di un Sé coeso ed unitario; fallimento che, nel caso di specie, può condurre a comportamenti promiscui volti a compensare il sentimento di inadeguatezza cristallizzatosi nella fase evolutiva adolescenziale. Il tentativo di mantenere e/o ristabilire la coesione interna di un Sé poco sano e assai vulnerabile si concretizza nella compulsiva ed affannosa ricerca di conferme di valore nella sfera sessuale; è un tentativo, fallimentare, di ridare coerenza a quella parte del Sé che è stata compromessa nel corso dell’adolescenza; quella parte del Sé strettamente connessa all’identità sessuale. Le ipotesi dell’autore si fondano sull’esperienza clinica diretta, ma sembrano essere confermate anche da uno studio, ancora in corso, i cui primi risultati parziali parrebbero mostrare una correlazione significativa tra discriminazione degli omosessuali, percezione di un Sé frammentato e promiscuità."



Per chi fosse interessato, la lettura dell'articolo completo è disponibile qui:
http://www.scuolaadleriana.it/images/RIVISTA/DIALOGHI_ADLERIANI_3_2015.pdf
(a pagina 49 l'articolo in versione inglese e a pag. 65 la versione in italiano)

sabato 31 gennaio 2015

Queers: come ti combino il matrimonio... di copertura!

Foto: FreeDigitalPhotos.net

Si chiama Queers, che in slang inglese significa “finocchio”: si tratta di una nuova app per smartphone, lanciata all’inizio di gennaio da un giovane omosessuale cinese, Bill Zhong, 23 anni.

Tale applicazione consente a gay e lesbiche di combinare matrimoni bianchi, eterosessuali e, naturalmente, di copertura, al fine di vivere la propria sessualità con maggiore discrezione, senza che il nucleo familiare e sociale venga a conoscenza della propria “diversa normalità”.

Sembra che l’applicazione, in sole due settimane, abbia già raggiunto oltre 10.000 iscrizioni e che il suo successo sia destinato ad aumentare in modo esponenziale; è stata, infatti, accolta favorevolmente e con grande entusiasmo dalla comunità LGBT cinese.

Come funziona? Semplice! Basta inserire il numero di telefono, la foto e i dati personali; e in men che non si dica, gli iscritti avranno la possibilità di trovare un partner “di facciata” per la vita… quella socialmente accettabile. 

In Cina l’omosessualità è stata considerata reato fino al 1997 e malattia mentale fino al 2001; tuttora rimane un grande tabù e, come nel resto del mondo, il pregiudizio nei suoi confronti comincia già all’interno delle mura domestiche.

Quali le possibili conseguenze?

Personalmente, ritengo che una scelta dettata SOLO dal bisogno di condiscendere la propria società/cultura di riferimento non possa che favorire l’alienazione personale e una sorta di ghettizzazione dell’intera comunità LGBT.

Le conseguenze sul piano sociale non possono che essere negative, favorendo e rinforzando il pregiudizio, lo stigma e la condanna che crescono in modo inversamente proporzionale alla visibilità individuale e collettiva delle persone omosessuali.

Sul piano individuale, ritengo che l’autostima, il senso di un Sé coeso ed unitario (un senso di “sana identità”) siano fortemente minati e potrebbero facilmente tradursi in un malessere psichico degno di attenzione clinica. La scissione tra ciò che viene mostrato al mondo e ciò che viene vissuto in assoluta segretezza, la discrepanza cognitiva, emotiva e comportamentale tra l’intimità finzionale vissuta nel matrimonio e la sessualità consumata fuori da esso non possono essere considerate un indice di salute mentale e sono, quasi sempre, accompagnate da vissuti di vergogna, colpa, disistima e da malesseri ad essi associati (ansia, depressione, abuso di sostanze e molte altre patologie).

Un’ultima considerazione riguarda la convivenza forzata tra i due “coniugi” (e qui il virgolettato è d’obbligo): non credo che condividere la stessa menzogna possa essere un collante sufficiente a vivere in armonia sotto lo stesso tetto.

Sul piano inconsapevole, è molto più probabile che il coniuge venga vissuto come un intruso, come colui, o colei, che impedisce l’unione con la persona amata/desiderata. Ne possono derivare sentimenti di rabbia, irritazione, rancore, disappunto o vero e proprio odio.

Cerchiamo di non importare almeno questa "idiozia"; lasciamola ai cinesi.


Fonte notizia:


domenica 16 febbraio 2014

UN PASSO VERSO LA “GAY-NORMALITA’”… IN PRIMA SERATA SU CANALE 5



Nella puntata di ieri, sabato 15 febbraio 2014, di “C’è posta per te”, una storia d’amore tra due uomini è stata protagonista dello schermo insieme a Laura Pausini.

Una storia tenera, romantica ma soprattutto NORMALE; raccontata in modo normale, tra persone normali, una mamma normale, un figlio normale ed il suo normale fidanzato convivente.

La dolcezza di questa storia d’amore non è stata inquinata neppure da quel tenero bacio che i due innamorati si sono scambiati, commossi, nell’abbraccio che è seguito all’apertura della busta.

Un bacio "normale"; non credo ci si sarebbe potuti aspettare un epilogo "diverso".

Complimenti quindi a Maria De Filippi che ha saputo portare in TV la “gay-normalità” di una coppia qualsiasi che potrebbe vivere sul nostro stesso pianerottolo.

Da un punto di vista sociologico, questo episodio, nel nostro paese, segna un altro grande importante passo verso una cultura della normalità; credo che molte casalinghe di Voghera, di Scanzorosciate o di Canicattì, abbiano potuto identificarsi empaticamente con quella mamma normale e con il suo figlio assolutamente normale.

Unico neo, a mio parere, è che nonostante la notorietà dell’ospite che ha fatto da testimonial (Laura Pausini), questa love story non sia stata trasmessa in apertura di programma, come solitamente accade quando i grandi nomi dello spettacolo fanno capolino nel salotto della De Filippi, ma solo verso le 23.30.

C’è da chiedersi se si volesse evitare di mandarla in onda in una fascia oraria ancora protetta?


Guarda il filmato su: